La realtà dei produttori di cippato è molto varia e diversificata; il settore è sempre stato produttivo ma negli ultimi tempi ci sono stati, in alcune zone, dei ridimensionamenti della domanda e al momento non è ancora chiaro come si evolverà la situazione. Nello specifico, non si sa ancora con certezza se ci saranno miglioramenti per quanto riguarda il sistema d’incentivazione e la normativa di riferimento.
Per avere un quadro sullo stato del comparto, abbiamo parlato con alcuni clienti Vermeer localizzati in varie regioni italiane che operano da anni nel settore. Ogni situazione è di per sé specifica e particolare, ma questa carrellata di impressioni ci fornisce una testimonianza importantissima per capire meglio cosa stia succedendo.
Ognuno degli intervistati è entrato nel settore per ragioni diverse. C’è chi ha oltre vent’anni di esperienza alle spalle, come Alessandro Cane, della provincia di Cuneo, che si occupa di riciclo del legname continuando l’attività avviata dal padre; e chi aveva una segheria o si occupava di potature e ha ingegnosamente pensato di riutilizzare il legname di scarto anziché smaltirlo, trasformando un costo in un utile. È questo il caso di Francesco Morando, di Verona, e di Maurizio Amato, di Roma. Accanto a chi è da sempre nel settore del legno, abbiamo anche chi è partito da settori diversi. Maurizio Sadler, della provincia di Trento, racconta che la sua azienda si occupava solo di scavi e movimento terra, finché nel 2008 ha intrapreso un lavoro di deforestazione e quindi ha iniziato a produrre cippato. Fabrizio Pirchio, invece responsabile della gestione biomasse per centrali che producono energia, è nel settore fin dal 2000, quando c’è stata la costruzione di un’importante centrale elettrica ad Ancona e da allora è rimasto nel settore, seguendo l’approvvigionamento di diverse centrali.
Gli acquirenti possono essere diversi, c’è chi lavora con le grandi centrali che producono energia elettrica da biomasse e chi commercia con i proprietari di caldaie a cippato, quindi con le piccole industrie e gli artigiani che hanno fatto un investimento sull’energia bio.
L’impressione che quasi tutti i produttori di queste zone hanno sullo stato del mercato è la stessa, fa eccezione solo la zona di Roma e dintorni.
Dopo anni di grande richiesta, dovuta al fatto che all’inizio erano in pochi a produrre il cippato, negli ultimi tempi c’è stato un rallentamento nella vendita, dovuto a vari fattori. Prima di tutto, ora i produttori di cippato sono molti di più, sia perché si tratta di un settore produttivo relativamente nuovo, e sia perché negli ultimi anni ci sono stati vari contributi per acquistare macchine cippatrici, che hanno dato un ulteriore impulso agli investimenti.
Quest’ultimo periodo, secondo la maggioranza in ogni modo, è stato particolare. C’è stato un inverno mite che ha permesso il taglio del legname per tutto il periodo ma d’altro canto non ha fatto freddo e quindi c’è stata meno richiesta di materiale per il riscaldamento.
Quest’anno si sono evidenziati problemi anche per le grandi centrali a biomassa: i sistemi di incentivazione spesso sono lenti, e i pagamenti non sempre arrivano puntuali e quindi tutta la filiera rallenta. Come spiega il sig. Pirchio, c’è un problema di vincoli burocratici eccessivi nella gestione dei finanziamenti e soprattutto di ritardi temporali tra la consegna dell’energia prodotta e l’incasso del credito. Ciò che servirebbe, spiega il signor Morando, sarebbe incentivare la realizzazione di centrali a cippato con iniziative che partano anche dai singoli comuni.
I vantaggi di questo tipo di produzione di energia sono chiari, visto che permettono un risparmio fino al 30-40% rispetto ai sistemi a gasolio o metano; bisognerebbe sensibilizzare di più la popolazione, sfatando anche l’idea che bruciare cippato aumenti l’inquinamento. È vero che la combustione di legno comporta la produzione di CO2 , ma le quantità prodotte sono pari a quelle assorbite dalla pianta durante la propria crescita; queste emissioni rientrano nel ciclo di vita della pianta e perciò si pareggia il bilancio, senza produrre sostanze inquinanti in più. Inoltre i sistemi tecnologici che oggi sono in uso per la gestione del processo di combustione sono stati studiati proprio per evitare di pesare sull’ambiente e permettono di prevenire e di ridurre ulteriormente le emissioni nocive se realizzati a norma di legge. La realizzazione di impianti all’avanguardia e il rispetto delle procedure di sicurezza e di manutenzione fanno sì che ogni tipo di impianto, dalla centrale alla piccola caldaia, sia sicuro e di gran lunga migliore rispetto ai sistemi alimentati dai combustibili fossili. In più, sfruttare le risorse disponibili sul territorio per produrre biomassa contribuisce al rispetto dell’ambiente, poiché se si organizza in modo efficiente l’approvvigionamento del materiale legnoso coinvolgendo tutti i produttori locali, si potrebbe evitare di ricorrere a importazioni ingenti dall’estero, che comporterebbero il trasporto per molti chilometri del materiale e quindi l’aumento di emissioni inquinanti.
C’è inoltre un altro aspetto da non sottovalutare: a volte è complicato lavorare direttamente per le grosse centrali perché vogliono contratti specifici, che garantiscano la consegna di quantità precise ogni giorno senza considerare variabili che entrano in gioco quando si produce cippato.
Se il tempo è cattivo, ad esempio, non si può uscire a cippare legname e bisogna aspettare.
I produttori hanno segnalato vari suggerimenti per migliorare la situazione del mercato. Prima di tutto, è necessario migliorare il sistema di sostegno con incentivi alle centrali, perché questo porterebbe benefici a tutta la filiera. Secondo, potrebbe essere utile pensare ad usi alternativi per il cippato, nuove tecnologie di riciclo potrebbero aprire spazi per questo materiale così abbondante e naturale. Terzo, è importante incentivare la filiera locale, per tutelare tutte le parti coinvolte. Infine, un altro aspetto importante per incentivare tutta la filiera potrebbe essere quello di avviare collaborazioni con chi amministra le superfici boschive e forestali per migliorare la gestione del patrimonio boschivo. Ciò potrebbe aprire nuove opportunità.
È il caso del Trentino; Maurizio Sadler racconta che nelle sue zone è in corso un processo di cambio colture. Di che si tratta? È molto semplice. In accordo con la Forestale, recuperano i terreni che un tempo erano usati per vigneti o per colture simili e che sono stati poi lasciati a se stessi, tagliano gli alberi, fresano i ceppi rimasti e in questo modo riconvertono un terreno incolto in superficie da utilizzare per il pascolo.
Che conseguenze ha tutto questo sui prezzi di vendita? È presto detto; per tutte queste ragioni è stato riscontrato un calo generalizzato.
Nella zona di Cuneo, il sig. Cane spiega che mentre due anni fa le centrali pagavano 35 Euro/ton il cippato, oggi le cifre sono sui 25 Euro/ton (tariffe intese franco partenza). Anche nella zona di Verona i prezzi sono simili: il sig. Morando conferma che il prezzo del cippato, franco partenza, si aggira sui 25-30 Euro/ton. Nella zona di Lecco, i prezzi per le varie qualità di cippato quest’anno sono stabili: per la A1, il livello di qualità più elevata, il prezzo si aggira sui 100 Euro/ton, per la qualità A2 le cifre sono sui 70 Euro/ton, mentre per la B, la qualità che interessa alle centrali della zona, il prezzo è fermo sui 50 Euro/ton franco centrale. Per quanto riguarda Trento e dintorni, il sig. Sadler nota che il prezzo di aggira sui 20 Euro al metro cubo.
A Roma e dintorni invece troviamo una situazione diversa rispetto alle altre zone d’Italia. Il sig. Amato spiega che non manca la possibilità di produrre e commerciare; il problema sono i cosiddetti improvvisati del settore, ovvero quelli che scelgono di produrre senza una vera e propria esperienza, visto che in questa zona il mercato è fiorente e di sviluppo piuttosto recente, aiutato dal fatto che molte aziende agricole sono passate dall’alimentazione a gasolio a cippatino. Molti sono interessati al cippato perché il prezzo di acquisto è più competitivo ed interessante rispetto a quello del pellet. Le prospettive per la sua azienda sono comunque positive, perché l’obiettivo è raddoppiare la produzione annuale e arrivare a 50.000 tonnellate all’anno puntando alla differenziazione del prodotto per soddisfare sia le grandi quantità richieste dalle grosse centrali sia le richieste di cippato di qualità per alimentare le caldaie medie e piccole.
Quello che quindi emerge da queste testimonianze è che è importante promuovere l’uso di energie alternative e rinnovabili per la produzione di energia e per il riscaldamento. L’attenzione del Governo è da tempo sull’attuazione di una politica “green” in ogni settore ma l’impressione è che bisognerebbe fare di più visto che le risorse legnose ci sono su tutto il territorio nazionale, quindi si può produrre molto ma ci deve essere anche la possibilità di utilizzare il materiale. La promozione dei sistemi di generazione di energia da fonti rinnovabili deve essere fatta su ampia scala e deve essere definito un sistema di incentivazione che non penalizzi nessuno dei partecipanti alla filiera legno. Solo così sarà possibile promuovere un settore che può fare tanto in termini di rispetto dell’ambiente e risparmio energetico.