La rivista Le Strade ha pubblicato un articolo molto interessante sulla riqualificazione della rete idrica della zona compresa tra Cernusco Sul Naviglio e Cologno Monzese (MI). Il cantiere è stato eseguito dalla società Amteco S.p.A. e l’articolo è uscito sul numero 1538/6 della rivista edita dalla casa editrice La Fiaccola. Per maggiori informazioni visitate il loro sito web. Buona lettura!
SCAVO INVISIBILE SOTTO I RONDO’
di Fabrizio Apostolo
PERFORAZIONI “NO-DIG” RAPIDE E DI PRECISIONE, ATTUATE SENZA INTERROMPERE IL TRAFFICO PUR BYPASSANDO RETI E DOTAZIONI STRADALI. IERI ERA UN’UTOPIA, OGGI STA DIVENTANDO UN’OTTIMA ABITUDINE. GRAZIE ALLA TECNICA E AL LAVORO COMUNE DI ESPERTI E GESTORI. UN CASO RECENTE DI INNOVAZIONE “TRENCHLESS” L’ABBIAMO VISTO DA VICINO SULLA SP 120 NEL MILANESE, DOVE UN NUOVO CANALE È STATO FATTO TRANSITARE SOTTO TRE ROTATORIE. PRATICAMENTE SENZA CHE NESSUNO SE NE ACCORGESSE.
L’innovazione tecnologica al servizio della qualità infrastrutturale e dell’ambiente ha l’aspetto discreto di una macchina speciale americana appostata nell’angolo verdeggiante di una rotatoria, verso Cernusco sul Naviglio, e di un gruppo di pochi ma qualificati addetti impegnati, dall’altra parte del rondò, a scrutare un discretissimo localizzatore, ovvero un dispositivo connesso con quanto sta accadendo nel sottosuolo.
Già, ma che cosa sta accadendo nelle viscere di questo lembo di Lombardia, sottostante alla SP 120 tratto Cernusco-Cologno Monzese, arteria stradale che non smette di pulsare traffico pur essendo già lontani dall’ora di punta (non osiamo pensare all’affollamento di non molto tempo fa)? Semplicemente è in atto il passaggio underground di una serie di aste, spinte in successione dalla perforatrice e incaricate di scavare il foro pilota, primo tassello di un intervento di posa di una nuova canalizzazione con tecnologie no-dig, senza scavo o “senza trincea” per tradurre letteralmente l’aggettivo “trenchless”. Altra espressione american english usata per definire un insieme di tecniche che da novità velate di mistero, per fortuna, stanno diventando ottime pratiche a diffusione crescente.
Una conferma arriva dagli operatori di Amteco SpA, società vercellese specializzata, tra le altre attività, in trivellazione orizzontale guidata, in sigla HDD, Horizontal Directional Drilling, ovvero proprio “i ragazzi” che stanno scavando il foro: “In Italia fino a qualche anno fa, chi proponeva questa tecnologia veniva visto come un alieno. Oggi, invece, le cose stanno cambiando rapidamente: i Comuni guardano con interesse al ‘no-dig’ perché consente di effettuare importanti e necessari interventi di adeguamento senza toccare praticamente il manto stradale e senza creare disagi alla circolazione, con conseguenti benefici ambientali”.
La cultura del no-dig
Il caso di Cernusco-Cologno, che abbiamo seguito direttamente sul campo, non è dunque isolato. Come rivelano le numerose referenze di operatori quali Amteco SpA, nonché l’accresciuta diffusione delle tecniche no-dig anche in ragione dell’intensificarsi di relazioni istituzionali che puntano dritte all’obiettivo. L’ultima in ordine di tempo: un protocollo d’intesa sottoscritto nel marzo scorso da ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) e IATT (Italian Association for Trenchless Technology). L’obiettivo condiviso: diffondere al massimo presso le amministrazioni comunali italiane conoscenze e vantaggi delle metodiche “senza scavo”. Sotto i riflettori: i benefici delle tecnologie non invasive in termini ambientali, ma anche economici (nessun ricorso a scavi a cielo aperto, ripristini limitati al minimo, costi indiretti drasticamente ridotti), in una piena logica terotecnologica, potremmo dire, ovvero tipica di una cultura gestionale che interpreta le manutenzioni come occasione di miglioramento attraverso la tecnologia (i Giapponesi non a caso definiscono la manutenzione con l’espressione “kai zen”, che letteralmente significa “cambia in meglio”), che sia programmato, produttivo ed eco sostenibile. Chiudiamo questo passaggio dedicato al contesto istituzionale in cui si colloca la cultura no-dig spendendo qualche parola su IATT, associazione nazionale di categoria nata nel 1994 con l’obiettivo di promuovere le conoscenze tecniche e scientifiche nel campo delle tecnologie trenchless, favorendone la diffusione presso enti, pubbliche amministrazioni, aziende di gestione reti e servizi, università, imprese, tecnici e ricercatori. IATT è tra l’altro affiliata a ISTT (International Society for Trenchless Technology) con sede a Londra, a cui fanno riferimento 28 associazioni in rappresentanza di 33 Paesi. IATT di fatto promuove una cultura tecnologica green on cui il rispetto ambientale e la sicurezza in cantiere (mediamente – 70% di infortuni rispetto a contesti di lavorazioni tradizionali e nessuno grave o letale, fanno sapere gli esperti di settore) si accompagna a un risparmio significativo dei costi di posa, a una durata notevole dei manufatti, nonché a ridotte necessità manutentive (- 80% in fatto di costi socioambientali) e a un sensibile risparmio energetico (- 56%).
Formazione specialistica
Prima di tornare ad illustrare l’intervento del Nord Est Milanese che abbiamo osservato da vicino e per completare questo passaggio, dedicato al contesto culturale in cui oggi si colloca il no-dig, non possiamo non spendere qualche parola anche sull’aumento delle iniziative di formazione in particolare in materia di tecniche HDD (solo un capitolo, va ricordato, del grande libro del trenchless). Un ambito nel quale è particolarmente attiva Vermeer Italia (tra i soci fondatori di IATT) che quest’anno celebra i 25 anni di attività nel nostro Paese.
Vermeer Italia, che ha sede a Nogarole Rocca (VR), ha ospitato spesso corsi per il rilascio di patentini per operatori di macchine complesse, organizzati da IATT e Formedil. Oltre a promuovere le attività delle associazioni, Vermeer Italia organizza periodicamente anche training di formazione sulla tecnologia HDD e sull’uso di fanghi bentonitici. Merita una citazione, inoltre, il progetto “HDD Academy”, un corso di formazione base teorico e pratico per ragazzi neodiplomati che hanno avuto l’occasione di conoscere meglio una professione specializzata che può offrire sbocchi professionali interessanti.
Scavo “senza scavo”
Ma come funziona il processo? Si parte, spiega a Le Strade Elia Marcelletti, responsabile di cantiere per Amteco, “effettuando un foro pilota, inserendo nel terreno una punta collegata ad aste in questo caso lunghe 4,50 m. La punta è equipaggiata con un sensore che dialoga con il localizzatore in superficie, fornendo informazioni su inclinazione e direzione, in modo tale da poter mantenere immutata la situazione in caso l’esecuzione sia rispondente al pro- getto, oppure correggere i parametri direttamente dalla macchina che è dotata di un sistema di controllo di direzione”. Quest’ultimo ha le fattezze di un orologio, che in questo caso non scandisce il tempo ma determina la direzione: a ore 12 la punta sale, a ore 9 si sposta a sinistra, a ore 3 a destra e a ore 6 volge verso il basso.
Dall’alesatura al tiro del tubo
Dal foro pilota a quello definitivo, che andrà ad alloggiare un tubo in polietilene nuovo di zecca, il passo forse non sarà brevissimo, e comunque infinitamente più rapido degli scavi a cielo aperto, ma almeno non andrà a disturbare minimamente il traffico dell’area. Una volta arrivata al bersaglio, ovvero fuoriuscita, la punta viene smontata e alle aste viene montato un primo alesatore con funzione fresante, letteralmente “tirato” dalla macchina Vermeer (in retromarcia, dunque) e autore di un primo allargamento. Una volta ai nastri di partenza, l’alesatore viene smontato, le aste nuovamente spinte in avanti quindi, di nuovo presso il foro di uscita, viene montato un secondo alesatore di dimensioni maggiori, poi un terzo e così via. Il progetto HDD prevede in genere di realizzare un “tunnel” maggiorato del 30% rispetto alle dimensioni del tubo, che si presenta tappato in testa e viene elettrosaldato in sito. Infine, il “tiro del tubo”, sempre tramite macchina, operazione non priva di una certa epicità e soprattutto soddisfazione da parte degli operatori in quanto sancisce la conclusione di questa lavorazione fatta davvero “in punta di piedi”: “Prima del tiro – rileva Michele Coltuneac, operatore specializzato Amteco (è di fatto il pilota della perforatrice) – effettuiamo una passata di pulizia con l’alesatore più grande, per scongiurare che il tubo incontri ostacoli nel suo cammino. In generale, lo scavo consente l’eliminazione di circa il 70% del materiale, non la sua totalità. Per questa ragione si opta per scavare un foro significativamente più ampio rispetto al tubo”. Tutto questo avviene in piena sicurezza, in virtù delle dotazioni della macchina (un apposito dispositivo consente per esempio di bloccarne completamente i comandi quando gli operatori lavorano direttamente su punta e aste), nonché dell’alta specializzazione degli addetti.
A proposito di sicurezza, va poi ricordato che l’UNI, l’Ente Italiano di Normazione, in collaborazione con IATT ha pubblicato le nuove prassi di riferimento per la tecnologia di realizzazione delle infrastrutture interrate a basso impatto ambientale (UNI/PdR 26:2017). Un documento tecnico che mette al centro proprio le procedure per operare in sicurezza, autentico faro per gli specialisti HDD.
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